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Nelle precedenti occasioni, su questo blog, ho affrontato due categorie di disturbi psicologici che mostrano un’elevata diffusione nella popolazione generale. Nello specifico, il Disturbo d’Ansia e il Disturbo Depressivo. Oggi prenderò in esame un’altra categoria diagnostica: il Disturbo Ossessivo Compulsivo, anche definito con l’acronimo DOC.
Siamo soliti considerare la definizione ossessivo-compulsivo come se fosse un’unica entità. In realtà il DSM-V (Manuale Diagnostico Statistico Dei Disturbi Mentali) definisce separatamente le caratteristiche delle ossessioni e quelle delle compulsioni.
Ossessioni e compulsioni: i due volti del Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC)
Le ossessioni sono caratterizzate dal presentarsi di immagini o pensieri ricorrenti e persistenti che vengono vissuti come intrusivi e indesiderati. Nella maggior parte degli individui questo causa ansia e disagio marcati. Inoltre, chi presenta delle ossessioni tenta di sopprimere tali pensieri neutralizzandoli con altri pensieri o con specifiche azioni solitamente molto strutturate e ripetitive (ad esempio con rituali e compulsioni).
Le compulsioni sono definite da comportamenti ripetitivi, come ad esempio lavarsi le mani, riordinare, controllare ripetutamente di aver fatto una determinata azione. In altri casi, sono definite da attività mentali come pregare, contare, ripetere mentalmente specifiche parole. La persona si sente obbligata a eseguire queste azioni in risposta a un’ossessione seguendo regole che devono essere applicate rigidamente.
Questi comportamenti o azioni mentali, hanno lo scopo di tentare di prevenire o ridurre l’ansia e il disagio, oppure hanno l’obiettivo di evitare alcuni eventi temuti. Tuttavia, questi comportamenti o azioni mentali non sono collegati in modo realistico con ciò che sono designati a neutralizzare o prevenire, oppure sono chiaramente eccessivi.
Davanti allo specchio: il Disturbo da Dismorfismo Corporeo
Una variante del DOC è il Disturbo da Dismorfismo Corporeo. Questo si caratterizza per la preoccupazione per uno o più difetti percepiti relativi l’aspetto fisico che però non sono osservabili o che appaiono lievi per gli altri. Inoltre, l’individuo tende ad avere comportamenti ripetitivi come controllarsi allo specchio, stare in bagno eccessivamente, skin-picking (staccarsi pezzettini di pelle). Oppure, ricercare continue rassicurazioni estetiche o confrontare costantemente il proprio aspetto con quello di altri in risposta alle proprie preoccupazioni.
Attaccamento agli oggetti: il Disturbo da Accumulo
Una seconda variante del DOC è quella del Disturbo da Accumulo, dove è presente una persistente difficoltà a eliminare o separarsi da oggetti, a prescindere dal loro valore reale. Questa difficoltà è dovuta al bisogno percepito di salvare gli oggetti e al disagio associato all’idea di scartarli.
L’estrema difficoltà a gettare oggetti provoca l’accumulo di beni che sovraccaricano e ingombrano gli spazi vitali e compromettono sostanzialmente l’obiettivo del loro utilizzo. Se le aree vitali, come la propria casa, risultano in parte ordinate è solo per gli interventi di soggetti terzi (come ad esempio i membri della famiglia). Proprio con questi ultimi, però, questi comportamenti di accumulo tendono a provocare tensioni e difficoltà relazionali anche molto gravi.
Qualunque persona, nella pratica, può avere dei rituali nella propria vita quotidiana o dei pensieri che si ripresentano con una certa frequenza. Ecco perché dobbiamo evitare di definire come patologici dei comportamenti che sono del tutto compatibili con una vita normale.
I comportamenti patologici
Tutte le condizioni di Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC), sopra descritte nelle loro varianti, possono arrivare a occupare un tempo considerevole della giornata di una persona. Questo accade sia che si tratti di azioni vere e proprie, come i rituali di pulizia del proprio corpo o della propria casa, sia che riguardino tutta una serie di pensieri associati. Per esempio, il rischio di rimanere contaminati da germi o da malattie a trasmissione sessuale. Giusto per citare alcune delle forme più comuni che questi disturbi possono assumere.
Per formulare una corretta diagnosi di DOC che, ribadisco, è una sorta di convenzione, bisogna tenere presente le specifiche dinamiche psichiche e le caratteristiche uniche della persona che si sta valutando.
Possiamo però considerare che quando il tempo nel quale la persona si trova impegnata – anche contro la propria volontà, in una serie di azioni o pensieri con le caratteristiche sopra descritte – diventa considerevole, allora sia necessario un intervento terapeutico. Con considerevole si intende tale da comportare delle ricadute problematiche e limitanti nelle relazioni interpersonali, sociali o lavorative.
Le dinamiche comportamentali
Bisogna anche distinguere tra due diverse dinamiche che si possono presentare in questo tipo di disturbo. La prima riguarda i casi in cui le manifestazioni sono egosintoniche. Ovvero quando la persona non vive i propri rituali e comportamenti ossessivi come qualcosa di problematico ma li ritiene del tutto adeguati e giustificati.
In queste situazioni sono generalmente i famigliari o gli amici che si rendono conto della problematicità della sintomatologia. Queste sono anche le situazioni più complesse da affrontare a livello psicoterapeutico. Infatti, non essendoci una manifesta sofferenza della persona, non ci sarà neanche una reale motivazione al trattamento. In altri casi, per la persona ossessiva prevale la convinzione che la terapia potrebbe renderla più vulnerabile ai pericoli dai quali cerca di difendersi e che considera del tutto realistici.
La seconda dinamica avviene quando la sintomatologia è egodistonica: in questo caso la persona si rende conto con sofferenza della componente bizzarra o estrema dei propri comportamenti o dei propri pensieri ma l’angoscia che prova nel momento in cui non li mette in atto è tale da non poterne fare a meno.
Questa è la condizione più favorevole all’azione del lavoro psicoterapeutico poiché, fin dall’inizio del lavoro, una parte della persona è alleata con lo psicoterapeuta. La sofferenza vissuta per questi pensieri e comportamenti fornisce, infatti, una buona motivazione alla prosecuzione del trattamento.
L’approccio terapeutico del Disturbo Ossessivo Compulsivo
L’approccio farmacologico del DOC è storicamente caratterizzato dall’impiego di antidepressivi triciclici, ai quali si sono aggiunti più recentemente gli antidepressivi inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI). La mia opinione è che l’eventuale intervento farmacologico ottenga i migliori risultati se associato con un trattamento psicoterapeutico e non inteso come in alternativa ad esso.
Questa considerazione vale per tutti i disagi psicologici in quanto, l’associazione tra il lavoro psicoterapeutico e l’intervento farmacologico su base biologica, è in grado di influenzare e modificare più profondamente il quadro clinico. Va inoltre tenuto presente che, nello specifico del Disturbo Ossessivo Compulsivo, esiste una percentuale piuttosto elevata (30-40%) di non risposta alle terapie farmacologiche. In questi casi, il trattamento psicoterapico (o quello integrato psicodinamico – farmacologico) è quello di prima scelta.
Come per la maggior parte dei disturbi psichici, non esiste un pensiero univoco sulla psicoterapia d’elezione per il Disturbo Ossessivo Compulsivo. Sebbene negli anni la letteratura abbia rilevato una superiorità degli interventi cognitivi comportamentali, credo che ciò derivi sostanzialmente dalla struttura delle ricerche (cicli brevi di psicoterapia, contesti ospedalieri) e non dagli orientamenti teorici utilizzati.
Personalmente ritengo che la psicoterapia psicodinamica sia adatta ed efficace nell’intervenire su questo tipo di disturbo. Infatti, se portata avanti correttamente e con i tempi necessari al cambiamento psichico, riesce a ottenere dei cambiamenti significativi nella vita di questi pazienti e soprattutto stabili e duraturi nel tempo.
Ndr: i soggetti con personalità di tipo ossessivo-compulsivo spesso soffrono di sindrome dell’intestino irritabile (Rugarli C. Medicina interna sistematica. Ed. Edra Masson).