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La tristezza rientra nella categoria di quelle che io definisco emozioni scomode. Voi cosa fate quando vi sentite tristi? Ma tristi, di quella tristezza dolente. In portoghese-brasiliano la definirei Saudade, un nostalgico rimpianto del Perduto Paradiso di Milton che ti attanaglia l’anima e ti fa sentire come una mosca imprigionata in una tela di ragno.
Scommetto che sareste, anzi, siete disposti a fare qualsiasi cosa pur di scagliarla mille miglia lontana da voi. Che dite, vi torna?
Tristezza, per favore va via… Cantavano Ornella Vanoni e Toquinho…
Emozioni scomode: tristezza, per favore va via!
Personalmente, quando la tristezza mia avvolge, mi capita di fare il conto con emozioni scomode, anzi scomodissime (qualcuno di voi ha la Luna in Pesci?). Meno male che il Gemelli allegro e spensierato che alberga in me, per molti anni a ritroso, mi ha riempito la vita di cose gradevoli da fare, anzi ficherrime (si dice?).
Emozioni scomode, non vi temo!
“Sù dè doss!” era il mio mantra: e vai con step, gag, jogging, danze latine e mediorientali; e poi, grandi acquisti (di tutto un po’ con una insana predilezione per i tacchi alla Carrie Bradshaw). Sia chiaro, begli acquisti, cose sfiziose, stilose e preziose, che mi facevano sentire importante e si portavano via la tristezza (oltre a miei soldi!), almeno per un po’. E, ancora, uscite a go go con le amiche per distrarsi alla grande e bypassare.
Ah, dimenticavo, ho cercato anche rifugio nell’amore… Ma va?!¿ E che c’è di male? È il sale della Vita.
Distrarsi dalle emozioni scomode a qualunque costo e poi…
In uno di quei bei momenti in cui non ti è permesso distogliere lo sguardo (fine di un amore, perdita di un proprio caro o del lavoro, un tradimento inaspettato, un sintomo improvviso e persistente, continuo?), un momento di incredibile durezza alla soglia dei miei primi 30 anni, il mio scorpionico Nettuno (daiiè che te ridaiiè), che felicemente alberga nei bassifondi della mia anima e nel mio tema natale, mi ha spinta a fare i conti con emozioni scomode, anzi devastatrici (sì, sì, come le cavallette) che non potevo più soffocare sotto strati e strati di brillantina.
La dura legge dell’autogoal!
La tristezza e tutte le emozioni scomode soffocate prima o poi ci presentano il conto
Il momento storico che noi tutti stiamo vivendo appare improntato massivamente a mettere, con metodica ostinazione, sotto i riflettori della coscienza e conoscenza, solo ed esclusivamente tutto ciò che è ci appare bello e buono, per i sensi e lo spirito. Così, abbiamo sempre a portata di mano milioni di alternative gradevoli alla tristezza e a stati d’animo ed emozioni scomode e sempre più ingombranti e ingestibili, a volte fuori controllo.
E già, perché noi comuni mortali abbiamo ben più di 50 sfumature di grigio nell’anima e, rarissimamente, un Mr. Gray o una Anastasia accanto… E alla fine, prima o poi, il conto tocca a noi pagarlo.
Così, quando, come per incanto, la tristezza con tutte le altre emozioni scomode e le 8000 sfumature di nero vengono su insieme al pranzo della comunione, siamo assolutamente impreparati a gestirle. Ci sentiamo vulnerabili e fragili, a volte confusi e senza via d’uscita. Un po’ come quando da bambini ti prendeva quella tremenda voglia di piangere e se piangevi ti sfottevano o apparivi piccolo (“non piangere, sei grande adesso! Sembri una femminuccia!”) e nessuno si curava di noi. Altro che tristezza!
Siamo fatti di emozioni incarnate
Prima o poi dobbiamo necessariamente guardare attraverso lo specchio scomodo di Biancaneve e vederci riflessa la Regina Cattiva. Dobbiamo necessariamente scendere a patti con le nostre emozioni scomode. A un certo punto, distrarsi a qualunque costo non basta più, perché diventa una dipendenza. Bella sì, ma pur sempre dipendenza e alle dipendenze ci si abitua e la dose di anestetico richiesta è troppo grande per essere disponibile in natura!
E sia chiaro, non è necessario scandagliare la propria psiche con anni di psicoanalisi o psicoterapia per imparare, a piccoli passi, a comprendere e accettare che siamo fatti di emozioni incarnate, impastate di materia e Verbo. Ci sono quelle che ci fanno sentire bene, come la gioia, la sorpresa, la fiducia; e ci sono quelle che ci fanno stare male, come la rabbia, la tristezza, il rancore, l’ira, la disperazione, eccetera, eccetera.
Il nostro corpo, la nostra bussola delle emozioni
Ma come facciamo a smettere di girare la testa dall’altra parte? Impariamo ad ascoltare il corpo. Sì. Ascoltiamo ciò che ha da dire il nostro amato o odiato (perché la cellulite è sempre in agguato) corpo. Il nostro corpo non è un perfetto veicolo o navicella spaziale che contiene un’anima, bensì è anima incarnata, in ogni atomo e cellula ed elica di DNA; è ciò che ci rimanda a ogni cellula del nostro corpo, a ogni vibrazione, è il radar di come stiamo e in quale direzione dobbiamo andare.
Sono le emozioni incarnate nel corpo il nostro strumento privilegiato di lettura. E sì, perché avere le emozioni e non ascoltarle oppure soffocarle o, ancora, tenerle sempre sotto chiave, è come avere a portata di mano la migliore cartina al tornasole di cui l’universo potesse dotarci e non saperla o volerla usare!
Che presto o tardi, ci piaccia o no, se non lo stiamo a sentire, quell’unico corpo di cui ci siamo dotati in questa Vita, le emozioni scomode divengono sintomi e poi se le trascuriamo ancora e ancora, i sintomi si trasformano in malattie, eccetera. Punto. Chiaro, no?
Quando le emozioni scomode e gli stati d’animo incontrano il corpo
Proviamo insieme. Tutti un passo indietro verso le nostre origini, voltiamoci per un solo attimo verso la Matrice (dal latino matrix -icis “matrice, utero”).
Cosa succedeva da bambini se avevamo paura di andare a scuola? Ci veniva mal di pancia. E sentire papà e mamma litigare? Ci veniva mal d’orecchie. Se ci negavano l’amore ed eravamo tristi ma tristi tristi? Ci veniva il raffreddore.
E se sentivamo una gran rabbia? O se volevamo gridare e non ce lo permettevano? Ci veniva mal di denti e a volte ci veniva mal di gola. Se la mamma non voleva separarsi da noi per mandarci a una gita? Ci veniva la febbre, che provava a riequilibrarci! Capito? Il nostro corpo funziona ancora e ancora e ancora così.
È la nostra bussola e il modo in cui ci sentiamo sono i punti cardinali che ci orientano sulla strada da percorrere davanti a noi. Diamogli retta. L’importante è trovare un modo, unico, nostro, per stare finalmente a sentirlo.
Ndr: in molte persone le emozioni represse, trattenute, possono essere causa di disturbi psicosomatici a carico dell’apparato gastrointestinale, quali la sindrome dell’intestino irritabile. Caratteristica comune delle persone che soffrono di colon irritabile è la rabbia repressa, un’aggressività non sfogata che viene rivolta contro se stessi. Spesso, nel vissuto di chi manifesta questa sindrome, si rilevano imposizioni o costrizioni che hanno soffocato ogni tentativo di realizzazione personale.
Emozioni scomode: il mio campanello d’allarme
Ogni volta che avverto un’emozione scomoda, e fa nulla se spesso non riesco a darle un nome, è quando mi sento agitata e confusa, il battito cardiaco diviene accelerato, lo stomaco si stringe, oppure avverto un senso di vuoto, o sento le spalle contratte. Spesse volte mi sento estremamente stanca, tutto di un botto. E proprio in quel momento mi rendo conto che è ora che ritorni al Mio Respiro. Sì, al respiro.
Riprendiamo fiato!
È la scoperta dell’acqua calda ma senza respirare smettiamo di vivere e viviamo per respirare! Le nostre vite hanno bisogno di respiro! Agio, aria, prendere fiato! Allarghiamo la gabbia toracica!
Avete mai fatto caso che se ci concentriamo sul respiro, ci è impossibile contemporaneamente formulare un pensiero? Non male, vero? Così almeno non alimentiamo la Mente che mente! La mente, che domina le nostre giornate e che spesso ci fa seguire dedali e labirinti dove le emozioni scomode governano autarchicamente il corpo e si perde il filo che ci guida verso ciò che è buono per noi.
Il respiro ci riporta subito nel corpo.
Prova con questo esercizio:
- Fai 3 respiri lenti e consapevoli, anche mentre stai camminando se non riesci a fermarti e non hai un posto tranquillo.
- Individua dove senti il respiro (pancia, cuore, gola, altro?) e respira in quella zona, per qualche secondo o minuto. In questo spazio farai la piacevole conoscenza della consapevolezza: il risveglio della coscienza di come stai andando e dove.
Ricordarsi di respirare è il primo passo verso il proprio benessere
Se riusciremo solo, ma davvero solamente a ricordarci di respirare, che possiamo tirare il fiato ogni volta che non ci sentiamo bene, emotivamente o fisicamente, pian piano qualcosa si risveglierà in noi, la nostra vita potrà cambiare solo in meglio e potremo davvero andare verso il nostro benessere, nel senso più completo del termine. Arrivederci a presto, Argonauti, che il Vello d’Oro è più vicino di quanto possiamo immaginare!
Riferimenti e approfondimenti
- Thorwald Dethlefsen, Rüdiger Dahlke. Malattia e Destino. Ed. Mediterranee
- Paola Borgini. Riconoscere e gestire le emozioni scatenanti nella vita di ogni giorno. Ed. Stazione Celeste