Intolleranze alimentari e allergie: sai qual è la differenza?

Diversamente da ciò che spesso si crede, allergie e intolleranze alimentari non sono la stessa cosa. Facciamo dunque un po’ di chiarezza.

Ho già avuto modo di descrivere, da queste pagine, il meccanismo dell’allergia ai pollini, che disturba, per non dire di più, milioni di persone in Italia, sia che vivano in campagna sia in città.

Meno frequenti, invece, le allergie alimentari.

Esiste una “allergia” su tutte, che potrebbe essere presa come esempio esplicativo. Parliamo della notissima celiachia, di cui ormai conosciamo i meccanismi e le correlazioni ad altre patologie (per esempio la Tiroidite di Hashimoto*).

*Processo infiammatorio autoimmune della tiroide, è quasi certamente correlabile se non alla celiachia, a un sovraccarico cronico di glutine.

Intolleranze alimentari: quando il disturbo è una questione di sovraccarico

Come leggere, quindi, il termine sovraccarico?

Il sinonimo che meglio si adatta è proprio intolleranza, ossia quella tendenza a sviluppare una reazione, né violenta né immediata, all’introduzione di una sostanza o di un alimento. Grazie a un fenomeno di accumulo e, quindi, nel tempo, di tossicità, questa sostanza potrà produrre una vasta gamma di sintomi!

Il ruolo dell’intestino tenue

Tecnicamente l’insorgenza delle intolleranze ha una sede molto precisa, l’intestino tenue. L’intestino tenue è la parte del nostro tubo digerente deputata alla processazione, digestione, assorbimento ed eliminazione degli scarti dei nutrienti. Sono gli stessi nutrienti a cui potremmo, in casi molto più rari, essere allergici.

Vediamo quindi quali meccanismi determinano, probabilmente, le intolleranze alimentari, analizzando le tappe del viaggio di ciò che mangiamo lungo il tubo digerente.

Intolleranze alimentari: i meccanismi coinvolti

Le stazioni digestive di un boccone di cibo, sono fondamentalmente tre:

Bocca

Secondo la Scuola Medica Salernitana (prima istituzione medica europea del IX secolo), prima digestio fit in ore. Ovvero, la prima digestione avviene in bocca. Questo grazie al grande numero di enzimi che, durante la masticazione, cominciano ad attaccare gli amidi.

Stomaco

Completa la digestione degli amidi (più noti come carboidrati) e inizia a “smontare” i cibi di natura proteica, rimandando al duodeno, il compito di aggredire definitivamente e rendere assimilabili i grassi.

Intestino

Dallo stomaco gli alimenti procedono, sospinti dall’onda peristaltica, lungo il cunicolo dell’intestino tenue. Qui incontrano un numero quasi incalcolabile di curve, villi, anse, pieghe e anfratti, abitati da miliardi di batteri. Questi batteri costituiscono il microbiota intestinale e contribuiscono, spesso in modo determinante, al completamento della digestione, fino a rendere assimilabili i prodotti finali.

Il percorso, che possiamo immaginare come una autostrada affollatissima con frequenti rallentamenti e, a volte, ingorghi, si snoda fino ad aprirsi in un ampio tunnel, il colon, preceduto da una caverna a cul di sacco, il cieco.

Qui, o meglio da qui in poi, il materiale fecale liquido e acidulo. Viene portato a un pH leggermente basico, poi gradatamente addensato, grazie al riassorbimento della maggior parte dei fluidi in cui sono disciolti preziosi sali (minerali e biliari, principalmente). Infine, lasciato letteralmente cadere nell’ampolla rettale, da cui sarà espulso.

Ma non è sempre tutto rose e fiori

Se tutto andasse sempre così, non conosceremmo crampi, gonfiore, meteorismo, diarrea e stitichezza, tanto per citare solo una minima parte dei disturbi. Disturbi che affliggono una sempre più numerosa schiera di donne e uomini, oltre che un piccolo numero di bambini (fatta eccezione per i lattanti: chi non ha mai sentito parlare di coliche gassose?).

Sistema immunitario: il controllo necessario

Durante il percorso, i cibi introdotti, spezzettati in particelle microscopiche, vengono attivamente assorbiti, passando nella zona sottostante la mucosa intestinale e avviati al circolo ematico e/o linfatico, per essere utilizzati.

Questo processo di assorbimento (che in alcuni casi è passivo, se le giunzioni serrate fra una cellula e l’altra, a causa di stati infiammatori, si allentano o scompaiono) coinvolge la parte più estesa del sistema immunitario. Questa è collocata proprio nell’intestino tenue e raggruppata in aggregati noti come Placche del Peyer.

Il sistema immunitario ha il compito di “controllare”, ai “posti di blocco”, tutto ciò che sta lasciando l’ambiente intestinale per entrare definitivamente all’interno del corpo. È qui che possono verificarsi i primi fenomeni che porteranno all’instaurarsi di una o più intolleranze alimentari.

L’istamina: il nostro nemico numero uno

I granulociti neutrofili non riconoscono come completamente innocua una certa sostanza. Così, avvicinandosi, liberano all’interno del tubo intestinale uno dei più potenti mediatori dell’infiammazione, la solita istamina. Questa è capace di innescare uno stato che prevede, edema, ristagno di liquidi, liberazione di ulteriori mediatori, fino a produrre una sintomatologia a volte importante.

Come difendersi e ripristinare l’equilibrio perduto?

Come ho accennato, i disturbi principali delle intolleranze alimentari, sono noti a molte persone, ahimè! Meno noti i metodi per difendersi o per ripristinare l’equilibrio perduto.

Alcune persone “sentono” quali alimenti scatenano in loro delle risposte anomale e, più o meno costantemente, li evitano. È un buonissimo modo per gestire un fastidio, ascoltando il corpo e fidandosi della propria capacità di osservazione ma, spesso, e soprattutto nel tempo, evitare di assumere un alimento ne potenzia la capacità di scatenare una reazione.

In sintesi viene a mancare “l’abitudine” del sistema immunitario enterico, il GALT (Gut-Associated Lymphoid Tissue) e, al minimo contatto, si attivano reazioni persino simili a quelle allergiche.

Per agire correttamente, è necessario indagare con metodi scientificamente inattaccabili, per conoscere a quali alimenti si è intolleranti e con quale intensità.

Lo studio delle intolleranze alimentari si basa sull’osservazione della reazione dei Granulociti Neutrofili, messi a contatto con alimenti puri, ossia senza alcun inquinante. Il responso è attendibilissimo e le indicazioni che si ottengono sono spesso risolutive della sintomatologia (ALCAT Test).

Microbiota intestinale: il nostro equilibrio parte da qui

Spesso i sintomi che attribuiamo a intolleranze alimentari possono, in realtà, essere dovuti ad anomalie imputabili alla popolazione batterica (come nel caso della sindrome dell’intestino irritabile).

Infatti, accennavo all’inizio, della presenza di una ricchissima compagine di batteri che costituiscono il microbiota intestinale.

Le numerosissime famiglie che abitano il nostro intestino, molto spesso specie specifiche, ossia tipiche della specie dell’Homo Sapiens Sapiens, sono fondamentali nella digestione del cibo introdotto e questo è noto a tutti.

Non altrettanto conosciuto il ruolo dei batteri probiotici nel controllo della funzionalità immunitaria, nonché nel mantenimento del tono dell’umore in relazione al “dialogo biochimico” fra sistema nervoso centrale e sistema nervoso intestinale.

I batteri mantengono in salute la mucosa su cui sviluppano le loro colonie e, con essa, gli aggregati di tessuto linfoide, il GALT appunto. Dal GALT dipende la primaria risposta agli agenti patogeni e la valutazione dei cibi introdotti, o meglio dei loro componenti, con il responso sintetizzabile in: via libera, intolleranza, allergia!

Intolleranze alimentari: aspetti da valutare e terapie

Esistono svariate possibilità di diagnosi prima e cura poi, per arginare e spesso cancellare i disturbi originati dalle intolleranze.

Ho accennato al test chiamato ALCAT che, grazie alla precisione e standardizzazione della lettura fatta da uno strumento elettronico, può fornire buone basi per costruire una dieta appropriata.

Altro aspetto da valutare, a proposito delle popolazioni batteriche intestinali, è proprio la loro composizione: quali famiglie abitano l’intestino di ognuno di noi? Ci viene in soccorso il Microbiopassport, un’analisi che permette di studiare il microbiota intestinale.

Dieta e probiotici

Per quanto riguarda le possibili terapie, molto si può e si deve fare con la dieta, meglio se costruita ad personam e dopo una ricerca su quali siano gli alimenti “colpevoli”.

La fase successiva, o meglio contemporanea alla dieta, è quella di riportare in equilibrio il microbiota, con terapie a lungo termine di probiotici.

Last but not least, molti rimedi omeopatici possono essere efficaci nel controllo dei sintomi. Colocynthis per il dolore, Cuprum se ci sono crampi, Magnesia Carbonica e Carbo Vegetabilis per il gonfiore. In più, alcune piante, in Tintura Madre o Macerato Glicerico, sono molto utili: una su tutte il notissimo Ficus Carica.

Il consiglio dell’omeopata

Di alcuni alimenti è ben noto il componente responsabile dei disturbi che affliggono gli intolleranti: basterebbe quindi eliminarlo, magari con una adeguata cottura, per “togliere il disturbo”!

Un esempio su molti possibili, la solanina, contenuta nelle patate e quasi certamente la causa dei fastidi che molti affrontano dopo aver gustato un manicaretto a base, ma spesso anche solo contenente, il giallo tubero del nuovo mondo. Meglio preferire una cottura breve e ad alte temperature, come la frittura per esempio, piuttosto che bollitura, cottura al forno o al vapore. E allora? Che patate fritte siano!

Valeria Antonelli

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Elena Cremonini
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